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  • Carta di Identità Elettronica

    Carta di Identità Elettronica

    La Carta di Identità Elettronica è una delle innovazioni tecnologiche più interessanti degli ultimi anni. Grazie alla sua introduzione, è possibile avere accesso a servizi online, senza dover recarsi personalmente presso gli uffici pubblici. Ma non solo: la nuova carta d’identità è anche un’arma contro il furto d’identità e le frodi online.

    In questo articolo esploreremo insieme tutte le caratteristiche della Carta di Identità Elettronica: come funziona, quali sono i suoi vantaggi rispetto a quella cartacea e come richiederla. Scopriremo anche quali sono le misure di sicurezza adottate per proteggere i tuoi dati personali. Pronto a scoprire tutto sulla tua nuova Carta di Identità?

    Cos’è la Carta di Identità Elettronica e a cosa serve

    La Carta di Identità Elettronica (CIE) è un documento che, oltre alle informazioni personali, contiene un microchip con dati biometrici, come le impronte digitali e la foto del viso. Grazie alla tecnologia avanzata, la CIE garantisce maggiore sicurezza e protezione dei dati rispetto alla carta d’identità cartacea.

    La CIE è uno strumento fondamentale per l’identificazione personale e per l’accesso ai servizi pubblici online. Infatti, con la CIE è possibile accedere in modo sicuro ai servizi della Pubblica Amministrazione, come la richiesta di documenti, la presentazione di dichiarazioni fiscali e la prenotazione di appuntamenti.

    Inoltre, la CIE rappresenta un passo avanti verso una società digitale e innovativa, dove le procedure amministrative sono semplificate e più efficienti. La Carta di Identità Elettronica è quindi un documento essenziale per tutti coloro che vogliono vivere in modo moderno e al passo coi tempi.

    lettura della CIE

    Come richiedere la CIE

    Richiedere la Carta di Identità Elettronica è un processo semplice e veloce che ti permette di ottenere un documento di identità moderno e sicuro. Per fare richiesta, devi recarti presso l’ufficio anagrafe del tuo comune di residenza con il tuo vecchio documento d’identità e una fototessera recente. In pochi minuti verranno acquisite le tue impronte digitali e la tua firma elettronica, indispensabili per il rilascio della CIE.

    Recentemente gli molti uffici pubblici comunali per il rilascio della CIE sono stati dotati di un servizio centrale di prenotazione. Questo vuol dire che prima di andare in Comune devi prendere un appuntamento.

    Verifica a sul sito del Ministero dell’Interno se il tuo Comune è già inserito in questo programma e se è necessario prenotare la data per la presentazione della documentazione necessaria.

    Questo sistema sta allentando la pressione sugli uffici anagrafe dei Comuni è la procedura per il rilascio della Carta di Identità Elettronica è diventata molto snella. Una volta fatta la richiesta, non dovrai attendere molto: la Carta di Identità Elettronica ti sarà consegnata entro pochi giorni.

    Ecco perché ti consiglio di richiederla subito. Potrai godere dei suoi numerosi vantaggi della CIE tra cui i principali sono

    • l’utilizzo per accedere a servizi online della pubblica amministrazione
    • la possibilità di utilizzarla come documento di viaggio all’interno dell’Unione Europea

    oltre ovviamente agli usi come documento di riconoscimento

    Non perdere tempo, richiedi subito la tua Carta di Identità Elettronica e scopri tutti i suoi vantaggi!

    Quali sono i vantaggi della Carta di Identità Elettronica rispetto a quella cartacea

    La Carta di Identità Elettronica offre numerosi vantaggi rispetto a quella cartacea. In primo luogo, la sua durata è molto maggiore: ben 10 anni contro i 5 della carta tradizionale.

    Inoltre, la CIE è dotata di una tecnologia avanzata che permette di memorizzare informazioni aggiuntive rispetto alla carta cartacea, come ad esempio i dati relativi alla residenza e al gruppo sanguigno.

    La CIE può essere utilizzata per accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione, senza dover più recarsi di persona agli sportelli. Inoltre, grazie alla sua funzione di firma digitale, la CIE consente di firmare documenti in maniera sicura ed efficiente, evitando di dover stampare e spedire i documenti cartacei.

    Infine, la CIE rappresenta un importante passo avanti nella lotta al furto d’identità, grazie alle misure di sicurezza avanzate che ne garantiscono l’autenticità e l’integrità dei dati. In breve, la Carta di Identità Elettronica rappresenta un’importante innovazione tecnologica che semplifica la vita quotidiana dei cittadini italiani e ne aumenta la sicurezza.

    retro della Carta di Identità Elettronica

    Come funziona la CIE: le principali caratteristiche

    La Carta di Identità Elettronica (CIE) rappresenta un passo avanti verso la digitalizzazione della società. Ma come funziona esattamente?

    La CIE è dotata di un microprocessore che contiene tutte le informazioni del titolare, inclusa una foto e le impronte digitali. Grazie a questo chip, la CIE può essere utilizzata per accedere a numerosi servizi online, come la firma digitale, la comunicazione con la Pubblica Amministrazione e l’accesso a servizi sanitari.

    In questa sua funzionalità la Carta di Identità Elettronica si va ad inserire nel contesto dell’Identità Digitale. Insieme allo SPID e alla PEC rappresenta uno degli strumenti utili alla transizione digitale ormai ampiamente in atto anche in Italia.

    Inoltre, la CIE è compatibile con i lettori NFC presenti su molti smartphone, il che significa che potrai utilizzarla anche senza portarla con te fisicamente. Un’altra caratteristica importante della CIE è la sua durata: può essere utilizzata per ben 10 anni prima di dover essere rinnovata. Insomma, la CIE è un documento essenziale per chi vuole muoversi in modo efficiente e sicuro nella società digitale.

    La sicurezza della Carta di Identità Elettronica: le misure di protezione contro il furto d’identità

    La sicurezza della Carta di Identità Elettronica è una delle caratteristiche più importanti di questo documento. Grazie alla tecnologia avanzata, la carta elettronica offre una maggiore protezione contro il furto d’identità rispetto alla versione cartacea.

    La carta elettronica contiene informazioni personali come nome, cognome, data di nascita e foto, ma anche informazioni biometriche come le impronte digitali e la firma digitale.

    Inoltre, la carta ha un microchip integrato che la rende più difficile da falsificare. Le misure di sicurezza includono l’utilizzo di password e PIN per accedere alle informazioni contenute nella carta, così come l’utilizzo di tecnologie avanzate per garantire l’autenticità della carta stessa.

    Grazie a queste misure di sicurezza, i cittadini possono sentirsi protetti contro il furto d’identità e avere la certezza che le loro informazioni personali sono al sicuro. La Carta di Identità Elettronica rappresenta quindi un importante passo avanti nella tutela dell’identità dei cittadini italiani.

    La Carta di Identità Elettronica rappresenta un passo importante verso la digitalizzazione e la semplificazione dei servizi pubblici. Grazie alle sue caratteristiche di sicurezza e praticità, la CIE può migliorare la vita di tutti i cittadini italiani, rendendo più facile l’accesso ai servizi online e garantendo la protezione dei dati personali.

    Tuttavia, è importante ricordare che la tecnologia è sempre in evoluzione e ci saranno sicuramente nuove sfide da affrontare in futuro. È fondamentale quindi continuare a investire nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni innovative per migliorare ulteriormente l’efficienza e la sicurezza della CIE. Siamo pronti ad abbracciare il futuro digitale con entusiasmo, fiducia e determinazione!

  • SPID identità digitale per i servizi online

    SPID identità digitale per i servizi online

    La parola SPID è l’acronimo di Sistema Pubblico d’Identità Digitale. Nasce dalla proposta un parlamentare veronese Stefano Quintarelli ed ha lo scopo di identificare gli utenti in un sistema unico. Questo sistema, permette l’accesso online ai servizi pubblici e privati, da qualsiasi dispositivo.

    Qual è lo scopo dello SPID o identità digitale?

    Lo SPID ha lo scopo di facilitare l’accesso ai servizi pubblici tutelando i dati e la privacy dei possessori dell’identità digitale. In precedenza, per accedere ai servizi offerti dall’amministrazione pubblica, occorrevano un account e una password specifici. A volte era necessario effettuare comunicazioni tramite PEC (Posta Elettronica Certificata) e registrare anche ulteriori credenziali. Questo sistema ora semplifica la burocrazia cartacea e i passaggi informatici. Permette anche di risparmiare il tempo che solitamente si impiega a trasferire le pratiche cartacee da un ufficio all’altro.

    Alcuni Enti e Regioni permettono con questo sistema, di accedere ad alcune pratiche online come:

    • finanziamenti
    • programmi di sviluppo
    • fondi europei
    • bonus
    • iscrizioni scolastiche
    • prenotazioni sanitarie

    oppure per quanto riguarda l’economia e finanza è possibile effettuare:

    • pagamenti di tasse
    • pagamenti di tributi
    • tenere la gestione di fatture elettroniche
    • precompilare il modello 730 unico

    Si può inoltre accedere al portale online del proprio Comune e scaricare certificati o estratti di stato civile.

    Si può accedere al portale dell’INPS al proprio Fascicolo Sanitario Elettronico.

    E ancora :

    • presentare la domanda per i contributi per l’acquisto dei libri di testo
    • usufruire dei bonus cultura
    • partecipare a concorsi pubblici
    • gestire pratiche e controllare accrediti, come nel caso di Reddito di Cittadinanza

    Come scegliere il gestore SPID

    Tutte le persone maggiorenni possono richiedere lo SPID anche se risiedono all’estero. È necessario scegliere un Identity Provider (IP) cioè chi deve gestire l’identità digitale.

    Attualmente le società accreditate dall’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) a fornire l’utenza digitale sono:

    La scelta dei gestori soggettiva e spesso è determinata da diversi fattori come ad esempio i tre livelli di identità che determinano il livello di sicurezza:

    • primo livello a cui ci si accede con nome utente e password
    • secondo livello per il quale cui occorre un One Time Password (OTP), un codice usa e getta
    • terzo livello di sicurezza dove le società creano una card con un codice associato all’identità dell’utente.

    Attualmente solo Aruba, Poste e Sielte erogano il terzo livello di sicurezza.

    Un altro fattore che determina la scelta è la modalità riconoscimento, che può avvenire:

    • di persona presso un ufficio attraverso un operatore, in modo gratuito
    • a domicilio attraverso un portalettere, in questo caso a pagamento
    • per alcuni gestori il riconoscimento può avvenire attraverso webcam (servizio a pagamento)
    • utilizzando la CIE (Carta d’Identità Elettronica), la CNS (Carta Nazionale dei Servizi), o la firma digitale

    Il riconoscimento è un passaggio obbligatorio per ottenere lo SPID e insieme agli altri dati viene richiesto per prevenire usi fraudolenti e proteggerci da furti d’identità. Una volta abilitato lo SPID, è gratuito.

    Come si crea uno SPID?

    Per poter creare uno SPID è necessario:

    • Documento d’Identità
    • Tessera Sanitaria / Codice Fiscale
    • indirizzo di posta elettronica
    • numero di telefono cellulare

    È necessario scegliere l’identity Provider a cui affidarsi, collegarsi al sito da qualsiasi dispositivo e proseguire nella voce servizi online d’identità digitale abilitati a SPID.

    Inserire i dati anagrafici richiesti e l’email, al quale, una volta registrati vi verrà inviato un codice di verifica, da inserire e confermare. Scegliere una Password ed inserire il numero di cellulare attraverso il quale vi verrà inviato un codice di verifica, da inserire e confermare.

    Per il riconoscimento è necessario alternativamente:

    • scansionare il documento con il quale si è registrati
    • presentarsi direttamente di persona in ufficio del gestore
    • collegamento via webcam e con il codice di pratica inviato per e-mail

    Dopo il riconoscimento vi arriverà un e-mail di conferma con le credenziali SPID.

    Lo SPID può essere di tre livelli:

    1. per accedere ai siti che richiedono solo username e password.
    2. per altre amministrazioni che richiedono una sicurezza maggiore
    3. con card con codice associato all’identità o firma digitale per un ulteriore grado di sicurezza

    e bisogna scaricare un applicazione come InfoCert ID o PosteID o di altro tipo in base al gestore scelto, necessaria per accedere ai servizi online attraverso l’utilizzo del QR Code.

    Esempio di accesso al portale INPS tramite QR code

    Per effettuare l’accesso al portale, ad esempio in quello dell’INPS, seleziona l’indirizzo internet: www.inps.it. Si aprirà la Home Page, una pagina con l’elenco dei servizi disponibili a cui si può accedere.

    Per entrate nell’area personale, clicca nella finestra in alto a destra su MY INPS. Clicca dove c’è la voce autenticazione con SPID. Entra con SPID e clicca il tuo Identity Provider nell’elenco della finestra che vedrai aprirsi.

    Comparirà il QR Code (Quick Response Code), cioè il codice a risposta veloce. È uno schema di forma quadrata che memorizza le informazioni.

    Dal cellulare apri l’applicazione ID scaricata in precedenza e pigia su autorizza con QR Code e inquadra il QR sul monitor. Il tuo dispositivo leggerà questo codice grazie alla fotocamera e l’applicazione ID scaricata. Una volta riconosciuto il codice QR, sul tuo cellulare si aprirà una schermata dove inserire L’ID per l’autorizzazione. Cioè un codice alfanumerico di 6 caratteri che hai scelto al momento della registrazione dell’applicazione ID.

    Inserisci il codice e vedrai aprirsi sul monitor una pagina di richiesta di consenso dati. Una volta accettato il consenso si entra nel portale dell’INPS. Eventuali servizi potrebbero richiedere un ulteriore livello di sicurezza e quindi chiedere anche lo SPID 3 per acconsentire l’accesso.

    SPID e altre informazioni sull’identità digitale

    Tutti i cittadini che risiedono in Italia, con un documento italiano e maggiorenni, possono richiedere l’identità digitale ai gestori riconosciuti AgID.

    Gli italiani che risiedono all’estero, per richiedere lo SPID devono essere in possesso di:

    • documento in corso di validità italiano, ad esempio passaporto o carta d’identità
    • Tessere Sanitari / Codice Fiscale
    • e-mail
    • numero di telefono cellulare ad uso personale

    Per le procedure di attivazione puoi rivolgerti ad uno dei gestori riconosciuti AgID. Alla pagina richiedi SPID, ci sarà l’icona EU (Unione Europea) o mondo e mondo, insieme a tutte le altre informazioni e i metodi di riconoscimento.

    Per lo straniero che si trova in Italia che vuole richiedere lo SPID, deve essere in possesso di:

    • documento italiano, ad esempio: carta d’identità in corso di validità
    • codice fiscale
    • e-mail
    • numero di telefono cellulare ad uso personale

    Sul sito dell’agenzia delle entrate, si può verificare la procedura per ottenere il codice fiscale. Se hai il permesso di soggiorno, nel richiedere lo SPID, puoi richiedere la carta d’identità Italiana.

    Per le procedure di attivazione puoi rivolgerti ad uno dei gestori riconosciuti AgID.

    Alla pagina richiedi SPID, ci sarà l’icona EU (Unione Europea) o mondo e mondo, insieme a tutte le altre informazioni e i metodi di riconoscimento.

  • Contributo a fondo perduto del Decreto Sostegni

    Contributo a fondo perduto del Decreto Sostegni

    Con il Decreto Sostegni è stato approvato il contributo a fondo perduto per le aziende e i lavoratori autonomi colpiti dalla crisi economica dovuta alla pandemia; dal 30 marzo 2021 è possibile presentare le domande. Il contributo sarà erogato a chi ha subìto un calo di almeno il 30% del fatturato tra il 2020 e il 2019. È previsto anche un importo minimo destinato a chi ha iniziato l’attività nel 2020 e quindi non può fare il confronto con l’anno precedente.

    Il contributo a fondo perduto ha un valore un minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 € per le persone giuridiche. Il massimo importo erogabile a sostegno delle aziende in crisi è di 150mila euro. Potranno ottenerlo i titolari di partita IVA e le imprese. In queste categorie sono compresi

    • lavoratori autonomi in regime forfettario
    • professionisti iscritti agli ordini
    • enti non commerciali
    • aziende agricole
    • associazioni sportive dilettantistiche (ASD)

    La domanda va fatta inviando documentazione idonea all’agenzia delle Entrate a partire da martedì 30 marzo 2021. L’Agenzia delle Entrate ha predisposto un modello per la presentazione e le istruzioni.

    A chi spetta il contributo a fondo perduto del Decreto Sostegni

    Come già anticipato bisogna avere perdite superiori al 30% rispetto al 2019. Per poter chiedere all’agenzia delle Entrate il contributo a fondo perduto 2021 bisogna aver subìto un calo del fatturato e dei corrispettivi di almeno il 30% tra il 2020 e il 2019. Il calo del fatturato è un requisito indispensabile; senza non si ha diritto.

    Inoltre non hanno diritto alla prestazione tutti i soggetti che hanno avuto ricavi superiori ai 10 milioni di euro nel 2019. Anche chi non era in possesso di una partita IVA attiva nel giorno di entrata in vigore del decreto Sostegni; il 23 marzo 2021 (Dl 41/2021). Di conseguenza chi ha chiuso definitivamente la sua attività, non ha diritto ad alcuna contributo.

    Come si calcola il fatturato relativo al Decreto Sostegni

    Il calo di fatturato tra il 2020 e il 2019 deve essere calcolato sull’imponibile di tutte le fatture attive (sia le immediate che le differite) per  tutte le operazioni fatte tra il 1° gennaio e il 31 dicembre. Sono incluse le cessioni dei beni ammortizzabili.

    Il calo del 30% va misurato su base mensile media. Questa scelta è stata fatta per permetter un confronto omogeneo anche per le attività che hanno aperto nel corso del 2019. A tal proposito va evidenziato che  il mese in cui è stata aperta la partita IVA non va conteggiato.

    A chi ha aperto la partita IVA a partire dal 1/1/2020, non avendo un parametro di confronto, gli spetta il contributo nella misura minima;  1.000 € per persone fisiche,  2.000 € per persone giuridiche .

    Il contributo minimo sarà erogato anche a chi ha aperto nel 2019, anche se non dovesse arrivare al calo del 30% o dovesse addirittura registrare un aumento degli affari.

    Come si calcola il contributo a fondo perduto

    Il contributo si calcola in percentuale sul calo di fatturato medio mensile, sono state stabiliti 5 scaglioni di indennizzo che sarà del

    • 60% per le persone fisiche o giuridiche con ricavi e/o compensi fino a 100.000 euro
    • 50% per le persone fisiche o giuridiche con ricavi e/o compensi fino a 400.000 euro
    • 40% per le persone fisiche o giuridiche con ricavi e/o compensi fino a 1 milione di euro
    • 30% per le persone fisiche o giuridiche con ricavi e/o compensi fino a 5 milioni di euro
    • 20% per le persone fisiche e giuridiche con ricavi e/o compensi fino a 10 milioni

    Oltre non si ha diritto ad alcun contributo.

    Il procedimento di calcolo prevede come primo passaggio il calcolo del calo di fatturato, in seguito si applica la percentuale di contributo a cui si ha diritto a seconda degli scaglioni.

    Come si chiede il contributo

    Il contributo può essere richiesto fino al 28 maggio 2021. La domanda va presentata all’Agenzia delle Entrate, telematicamente, sul  portale Fatture e corrispettivi del sito dell’Agenzia. La domanda può essere inoltrata con il tramite di un intermediario abilitato o in prima persona dal soggetto interessato..

    Nella domanda va specificato la modalità con cui ricevere il contributo

    • diretta con accredito su conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate
    • indiretta sotto forma di credito d’imposta

    Una volta fatta la scelta diventa irrevocabile e riguarda l’intero contributo.

    Sanzioni e revoca

    Per quel che riguarda le sanzioni, valgono sono le stesse previste dal Decreto Rilancio. Lo stesso vale per l’erogazione del contributo e per i controlli.

    È necessario quindi prestare molta attenzione alla compilazione delle domande; l’Agenzia ha predisposto controlli preventivi. Inoltre chi riceverà un contributo non dovuto, potrà essere passibile della restituzione maggiorata da i interessi e sanzioni.

    È comunque possibile rinunciare se ci si dovesse rendere tardivamente conto di non avere i requisiti necessari. L’istanza di rinuncia al contributo a fondo perduto può essere inoltrata anche oltre il termine del 28 maggio.

    La rinuncia può essere trasmessa per mezzo di un soggetto delegato al cassetto fiscale o alla consultazione delle fatture elettroniche. Nel caso in cui l’intermediario sia stato a suo tempo delegato esclusivamente alla richiesta del contributo previsto dal Decreto Sostegni, potrà inviare la rinuncia solo nel caso in cui è stato lui stesso a trasmettere la richiesta.

    Nel caso in cui il contributo sia stato già percepito, la rinuncia va fatta contestualmente alla restituzione della somma ottenuta maggiorata di sanzioni e interessi.

    Si potrà, godere dello sconto sulle sanzioni consentito dal ravvedimento operoso. La restituzione va fatta tramite modello F24 senza  possibilità compensare con altri crediti d’imposta.

  • Sostegno alla liquidità di famiglie, enti e imprese

    Sostegno alla liquidità di famiglie, enti e imprese

    A causa della pandemia da covid-19, la commissione Europea ha attuato un piano di sostegno alla liquidità delle famiglie, degli enti locali e delle imprese. Gli stati membri, collaborano in modo coordinato, allo scopo di sostenere l’economia di tutti i settori.

    Decreti per il sostegno alla liquidità

    Tutte le nazioni, a causa dell’epidemia di covid-19, hanno dovuto adottare misure restrittive in molti campi, come ad esempio: divieti di viaggio, di circolazione, quarantena e altro. Questo ha causato una mancanza di liquidità che ha colpito soprattutto le imprese, le famiglie e posti di lavoro.

    Per limitare danni ingenti all’economia, gli stati membri dell’Unione Europea sono intervenuti con sostegni economici. Il 13 Marzo 2020 sono state prese delle misure temporanee atte a garantire sostegno alla liquidità.

    Il Governo Italiano nel 2020 è intervenuto inserendo il Decreto Cura Italia e a seguito altri decreti come: il Decreto Liquidità, il Decreto Rilancio e il Decreto Agosto. Tutti posti come misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia.

    Le disposizioni prese per gli aiuti economici, essendo temporanee e legate al periodo pandemico, col tempo, hanno subito e ancora subiscono, deroghe e modifiche, sia per quanto riguarda le scadenze, sia per le misure economiche di sostegno.

    Alcune delle misure adottate sono:

    • sostegno ai consumatori
    • sospensione dei pagamenti delle imposte
    • misure in materia di sussidi salariali
    • intervento e riordino della rete ospedaliera
    • potenziamento dell’assistenza territoriale

    Inoltre sono stati istituiti indennizzi ai diversi settori colpiti come:

    • turismo
    • trasporti
    • cultura

    e diversi altri settori. La commissione, durante tutto il periodo di emergenza, potrebbe inoltre inserire ulteriori misure necessarie che si potrebbero presentare e che devono essere approvate velocemente.

    rif. Decreto Cura Italia, DL n°18 del 17 Marzo 2020

    rif. Decreto Liquidità, DL n°23 del 08 Aprile 2020

    rif. Decreto Rilancio, DL n°34 del 19 maggio 2020

    rif. Decreto Agosto, DL n°104 del 14 Agosto 2020

    A chi sono destinati gli aiuti?

    Attraverso il Decreto Rilancio, attualmente sono stati destinati 12 miliardi di liquidità a Regioni ed Enti Locali per il pagamento della Pubblica Amministrazione.

    Ad oggi, con il Decreto Agosto, sono stati incrementati gli aiuti. È stata istituita un ulteriore somma di 1,67 miliardi, destinata agli enti territoriali e distribuita tra province, comuni e città. Ai comuni, sono stati assegnati ulteriori contributi per le opere di messa in sicurezza del territorio e delle scuole. Invece, 900 milioni di Euro, sono stati destinati per il ristoro al sostegno del trasporto. E ancora è stata istituita la moratoria sui prestiti, cioè la sospensione delle rate in scadenza.

    Per dare sostegno alla liquidità di famiglie, enti e imprese, sono intervenuti anche con aiuti sotto forma di:

    • agevolazioni fiscali
    • prestiti pubblici agevolati
    • tassi d’interesse agevolati
    • prestiti garantiti dallo stato
    • gratuità della garanzia
    • estensione delle garanzie
    • sospensione di tributi e contributi

    E tante altre misure ancora, concesse a chi dimostra che la difficoltà economica non sussisteva già nel periodo che precedeva la pandemia. E che quindi le difficoltà sono iniziate successivamente a causa del covid.

    Ogni aiuto a sostegno dalle famiglie, delle imprese, degli enti e dell’economia in generale, sarà concesso dietro la verifica di requisiti specifici ampiamente spiegati in ogni decreto.

    Sostegno alla liquidità delle famiglie

    Ma quali sono i principali interventi attuati a favore delle famiglie?

    Il governo ha introdotto una serie di agevolazioni e bonus a sostegno delle famiglie, come:

    • il bonus baby-sitting
    • estensione dei congedi parentali
    • lavoro agile o smart working
    • acquisto di piattaforme e strumenti digitali

    I genitori lavoratori dipendenti del settore privato, autonomi o liberi professionisti, con almeno un figlio che non abbia compiuto 12 anni possono chiedere il bonus baby-sitting. Per l’acquisto del servizio, viene emesso un voucher che può arrivare fino a 100 euro a settimana.

    I congedi parentali, estesi da 15 giorni a 30 giorni, per chi ha figli che non superano i 12 anni con un’indennità di retribuzione al 50%.

    Il lavoro agile o smart working destinato ai genitori che sono lavoratori dipendenti e che hanno almeno un figlio minore di 14 anni. Questo vuol dire svolgere il proprio mestiere da remoto, cioè da qualsiasi postazione telematica anziché dal proprio ufficio o solito luogo di lavoro.

    La DAD, cioè la didattica a distanza, è uno dei tanti provvedimenti attuati riguardanti le restrizioni covid. Un percorso educativo attraverso l’utilizzo di computer e piattaforme. In questo modo, l’insegnante può collegarsi online e fare contemporaneamente lezione a tutti i suoi studenti. Ciascuno studente, partecipa quindi in videoconferenza in modo del tutto autonomo e in spazi personali come la cameretta.

    È nata così la necessità di intervenire con delle risorse destinate all’acquisto di piattaforme e strumenti digitali. IL Governo, mette quindi a disposizione per gli studenti privi di strumenti tecnologici adeguati, i dispositivi digitali individuali, dietro comodato d’uso gratuito. Cioè si da la possibilità di usufruire per un dato tempo e per un uso specifico motivo, di un oggetto, che in questo caso è il computer, per poi restituirlo al termine del contratto.

    Fondi di sostegno per disabilità

    Il Governo è intervenuto con ulteriori sostegni sociali:

    • ha rafforzato i permessi ex legge 104
    • incrementato i fondi per l’assistenza e la disabilità
    • potenziato il reddito d’emergenza o REM, per famiglie con componenti con disabilità
    • incrementato il fondo per la didattica per studenti con disabilità

    Per chi usufruisce dei permessi per la legge 104, si aggiungono, ai 3 giorni già spettanti, ulteriori 12 giorni di permesso retribuito.

    Sono intervenuti a sostegno del reddito:

    • sospensione di licenziamenti
    • sovvenzione del pagamento dei salari
    • cassa di integrazione e fondo di solidarietà per ulteriori nove settimane
    • reddito di emergenza per le famiglie in difficoltà a causa del covid
    • rafforzamento e proroga del reddito di cittadinanza

    Fondi di sostegno per enti e imprese

    Per sostenere le imprese, il decreto prevede un contributo a fondo perduto per i titolari di partita IVA.

    I beneficiari di questo fondo sono i soggetti che:

    • svolgono attività d’impresa
    • producono reddito agrario
    • svolgono attività di arte o professione

    È escluso chi ha attivato la partita IVA dopo l’entrata in vigore del decreto.

    L’attuale Governo Draghi ha attuato ulteriori proroghe al decreto sostegni. 

    • Proroga per la cassa integrazione gratis causa covid
    • blocco dei licenziamenti
    • fondi per lo spettacolo
    • Semplificazione delle procedure della cassa integrazione CIG
    • Stralcio cartelle esattoriali
    • ampliamento del reddito di emergenza
    • deroga sui contratti a tempo indeterminato

    e ancora tanti altre deroghe e provvedimenti atti al sostegno dell’economia.

    Inoltre grazie al DL Ristori-bis è previsto oltre all’ampliamento della platea dei beneficiari del fondo perduto, anche la sospensione dei versamenti fiscali per chi esercita attività di :

    • ristorazione
    • alberghiera
    • agenzia di viaggio
    • tour operator

    Ad oggi, la maggior parte delle scadenze delle temporanee misure di sostegno (Temporary Framework), sono state prorogate fino al 31/12/2021. E, probabilmente, nel tempo ci saranno ancora altri interventi e proroghe sia da parte del nostro Governo, sia da parte degli Stati dell’Unione Europea.

    rif. Decreto Milleproroghe,  diventato legge n°21 del 26 febbraio 2021.

  • Reddito di Emergenza – come si chiede, a chi spetta

    Reddito di Emergenza – come si chiede, a chi spetta

    La pandemia di coronavirus ha già fatto vedere i sui disastrosi effetti sull’economia, sia italiana sia mondiale. Il Governo ha studiato diverse misure  a sostegno del reddito delle fasce più deboli per contrastare la crisi. Il Reddito di Emergenza è una misura per dare liquidità immediata alle famiglie più in difficoltà.

    Chi può avere il reddito di emergenza?

    Come sempre accade per le misure economiche sociali è necessario tracciare un perimetro per definire chi sono i beneficiari di queste misure. Se anche tu ti stai chiedendo: “Posso avere il reddito di emergenza?”, ti spiego quali sono le condizioni per ottenerlo.

    I requisiti per ottenere il Reddito di emergenza sono

    • ISEE che non superi a 15mila euro
    • il richiedente deve avere la residenza in Italia
    • la persona non deve godere o aver goduto di altri contributi previsti nel Decreto Cura Italia
    • reddito familiare inferiore al Reddito di Emergenza spettante
    • patrimonio mobiliare relativo all’2019 inferiore a 10000 euro, aumentato di 5000 euro per ogni componente del nucleo familiare successivo al primo, con un massimo di 20000 euro

    Ci sono alcuni punti ancora da chiarire in merito, per esempio cosa vuol dire che il reddito familiare non deve superare il contributo previsto o se può goderne chi ha già avuto il contributo INPS di 600 euro.

    A quanto ammonta il Reddito di Emergenza

    Il Reddito di Emergenza previsto nel Decreto Rilancio va da 400 a 800 euro e ha una durata di due mesi. La base di calcolo è 400 euro che vanno moltiplicati per il coefficiente presente nell’attestazione ISEE denominata Valore della scala di equivalenza. Nel caso il coefficiente ISEE sia superiore a 2 la parte eccedente non entra nel calcolo: il massimo che si può ottenere da questa misura a sostegno del reddito è 800 euro. Il contributo a fondo perduto sarà erogato per due volte.

    Dove si presenta la domanda

    L’ente che erogherà il contributo è l’INPS. Le domande quindi vanno presentate all’Istituto

    • direttamente sul sito inps.it
    • tramite i Centri di Assistenza Fiscale (CAF)
    • tramite i patronati

    Il modulo per la presentazione della domanda sarà pubblicato dall’INPS prima della data di inizio del periodo di presentazione, il termine di detto periodo dovrebbe essere fissato a Giugno 2020. Per la presentazione della domanda tramite il sito dell’INPS è necessario disporre di uno dei seguenti metodi di riconoscimento

    • Pin INPS
    • SPID – Sistema Pubblico di Identità Digitale
    • CNS – Carta Nazionale dei Servizi
    • CIE  – Carta di Identità Elettronica 3.0

    A chi non spetta il contributo

    Il decreto cura Italia ha previsto delle incompatibilità al godimento di questa misura sociale. Non potranno ottenere il Reddito di Emergenza

      • le persone che si trovano in carcere o altro stato detentivo, per tutta la durata della pena
      • coloro che sono ricoverati a carico dello Stato in strutture residenziali o altri istituti di cura di lunga degenza
      • quelli che hanno nel nucleo familiare persone che hanno o hanno avuto indennità previste dal decreto Cura Italia
      • quelli che hanno nel nucleo familiare persone che, al momento della domanda, siano in una di queste condizioni:
        • percettori di pensione diretta o indiretta ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità
        • titolari di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore alle soglie previste
        • percettori di reddito di cittadinanza

    Nel caso in cui tra i componenti di un nucleo familiare ci siano persone in stato di detenzione, il parametro della scala di equivalenza ISEE non ne tiene conto.

  • Il contratto di mutuo

    Il contratto di mutuo

    Il contratto di mutuo è un accordo tra due parti. Con questo accordo una della parti consegna all’altra denaro o altra specie di beni fungibili  a titolo di credito o di prestito. La parte che cede il bene si chiama mutuante, quella che lo riceve si chiama mutuataria. La parte mutuataria si obbliga a restituire alla scadenza beni della stessa specie, qualità o valore.

    Il contratto di mutuo è un accordo articolato ed a volte complicato, per questo motivo il mutuatario deve sempre pretendere che le clausole contrattuali proposte siano comprensibili e che gli siano comunicate con sufficiente anticipo. In questo modo chi stipula ha la possibilità di sottoporle ad una valutazione di una associazione di fiducia, di un legale o di un consulente. Generalmente i contenuti fondamentali di un contratto mutuo sono molto simili, seppur redatti da banche diverse.

    Le spede del contratto di mutuo

    È importante sapere che stipulare un contratto di mutuo comprende alcuni oneri economici; tra i più significativi:

    Le spese di istruttoria – legate ai costi di banca per valutare la pratica e dare il benestare, sono da pagare anche se il contratto non va a buon fine. Possono essere variabili.

    Le spese di perizia – legate alla necessità di periziare il valore effettivo dell’immobile. In pochi casi, di solito limitatamente agli acquisti diretti da un costruttore, la banca si fida di una autocertificazione mentre, normalmente, pretende una perizia di un tecnico di sua fiducia.

    Il costo dell’assicurazione – legata alla necessità di garantire l’immobile contro incendi e esplosioni. La banca può non accontentarsi di una polizza condominiale e richiedere la stipula di una specifica assicurazione, che ha di solito un costo o fisso o percentuale.

    Le imposte – è ancora in vigore la così detta imposta sostitutiva che è pari allo 0,75% del capitale finanziato ed erogato da una banca.

    Le spese notarili – le più onerose, legate alla stesura e alla stipula del contratto di mutuo. Il costo può variare sensibilmente a seguito della parcella notarile. I Notai come ogni altra categoria professionale applicano una loro tariffa che non può essere inferiore al minimo tabellare previsto dall’ordine).

    La stipula del contratto di mutuo

    Il contratto mutuo si perfeziona al momento della stesura Notarile dell’atto; il Notaio ha il dovere di iscrivere l’ipoteca presso l’apposito ufficio. Sino a quando la pratica Notarile non è completata e trasmessa alla banca, la somma non può essere erogata, ciò significa che non si potrà disporre del denaro prima di 2-3 settimane.

    Per evitare questa attesa, alcune banche mettono a disposizione subito la somma mutuata a titolo di prefinanziamento, il cui ammontare viene caricato di un ulteriore interesse.

    Si può eludere il prefinanziamento accordandosi in anticipo con il venditore che deve essere garantito se vende prima di incassare l’intera somma. È compito del Notaio proporre e spiegare alle parti diverse soluzioni possibili.

    I soggetti dell’accordo

    Ogni contratto di mutuo comprende dei soggetti coinvolti ovvero:

    • il finanziatore – la banca ed il suo rappresentante
    • la parte mutuataria – l’utente che riceve il mutuo
    • la parte datrice di ipoteca – i proprietari dell’immobile che concedono l’ ipoteca
    • gli eventuali fideiussori – i garanti

    Il contratto ha un suo preciso oggetto cioè l’ammontare del mutuo e la quietanza della parte mutuataria, che comprendono gli obblighi per i mutuatari, le condizioni di rimborso, la durata e la modalità di rimborso del mutuo concesso.

    È stabilito inoltre il  tasso di interesse e, nel caso sia variabile, criteri con cui verrà periodicamente rideterminato; l’iscrizione dell’ipoteca nel grado previsto e per l’importo convenuto e la descrizione dettagliata delle unità interessate.

    Il contratto prevede un’estinzione anticipata del mutuo cioè la facoltà per il debitore di estinguere il debito anticipatamente e l’indicazione della relativa commissione. È indispensabile fornire nel documento anche gli indirizzi a cui dovranno essere inviate tutte le comunicazioni scritte tra le parti.

    Nel contratto di mutuo sono citati per iscritto gli oneri fiscali, l’addebito ai mutuatari dell’imposta sul mutuo che la banca dovrà versare per loro conto all’Erario: dichiarazioni sui requisiti per l’applicazione dell’imposta ridotta.

    Allegati al contratto di mutuo

    Allegato al contratto è il cosiddetto “Capitolato” che contiene le clausole comuni a tutti i mutui erogati dalla banca:

    • la solidarietà ed indivisibilità degli obblighi, facoltà della banca di richiedere il rimborso di tutto il mutuo anche ad un singolo mutuatario o garante, indipendentemente dal numero di soggetti coinvolti, anche in caso di successione
    • gli obblighi, impegni che i debitori devono assumersi nella conservazione dell’immobile
    • comunicazione alla banca di eventuali variazioni nella loro situazione economica o finanziaria
    • diminuzione di garanzia, nel caso in cui il valore del bene garante dovesse perdere valore, è specificata la facoltà da parte della banca di richiedere una integrazione di garanzia o l’ immediata restituzione del debito
    • risoluzione del contratto, possibilità per il finanziatore di richiedere il rimborso immediato dell’intero debito
    • Imputazione dei pagamenti, ordine di preferenza della banca per la compensazione delle spettanze da parte del mutuatario (spese e rate)
    • cessione del credito, facoltà della banca di cedere il credito a terzi mediante comunicazione scritta al debitore.
    • Accollo. In caso di accollo del mutuo senza informare preventivamente la banca, il debitore originario avrà ancora l obbligo di rimborsare il debito.
    • Il piano di ammortamento
  • Banconota da 500 Euro, che fine ha fatto?

    Banconota da 500 Euro, che fine ha fatto?

    In effetti vedere una banconota da 500 Euro è diventato molto difficile, questo taglio però ha ancora valore legale, ti spiego perchè allora non ce ne sono più in giro.

    500 Euro, la banconota viola

    La banconota da 500 Euro è il taglio di maggior valore esistente al mondo. Di tagli ancora maggiori ce ne sono stati, in passato il Dollaro è stato stampato anche in tagli superiori (fino a 100.000 $), ma oggi il taglio massimo per questa divisa è di 100 Dollari.

     

    È entrata ufficialmente in circolazione, come tutte le banconote in Euro, il primo gennaio 2002. È una grossa banconota di colore viola, inizialmente se ne vedevano diverse in giro, ma ora sono quasi del tutto sparite. Perché?

    Banconote da 500 e riciclaggio del denaro

    I fenomeni che hanno portato alla sparizione di queste banconote sono tre:

    • la tesaurizzazione
    • il trasferimento del denaro all’estero
    • il riciclaggio del denaro

    La tesaurizzazione è quel fenomeno per cui una buona parte del denaro stampato in realtà non circola. I risparmiatori non sempre si avvalgono di strumenti finanziari per conservare il loro denaro. Molto spesso si affidano al contante che conservano gelosamente in casa o in cassette di sicurezza. Per i risparmiatori i tagli più grandi sono quelli preferiti perchè con queste banconote i loro risparmi occupano poco spazio. Molte delle banconote da 500 euro servono a comporre i tesoretti liquidi di tante famiglie italiane.

    banconota da 500 euro

    Per l’elevato valore in uno spazio ridotto queste banconote sono state largamente utilizzate per il trasferimento illecito di denaro all’estero. Una notizia che mi colpì, un po’ di tempo fa, raccontava che a una frontiera era stata fermata una persona che aveva infilato in un pacchetto di sigarette, avvolgendole proprio come se fossero sigarette, 30 banconote da 500 € per un totale di 15.000€. Una somma elevata per un solo pacchetto, pensate come era facile (tecnicamente lo è ancora) portare all’estero somme cospicue con queste banconote di grosso taglio.

    Il riciclaggio è quell’attività finalizzata a dare una facciata di liceità a denaro guadagnato con metodi illeciti. Anche in questa attività, la possibilità di traferire grosse somme di denaro occupando piccoli volumi, ha favorito movimentazioni illecite da soggetti criminali (sopratutto trafficanti di armi e droga) a soggetti in grado di ripulire il denaro sporco.

    La sospensione della circolazione e della stampa dei 500€

    Per i motivi appena visti si è arrivati, molto tardivamente, alla decisione di sospendere la stampa delle grosse banconote viola. È un taglio che non apporta benefici all’economia e che anzi favorisce le attività illecite. Se ci aggiungiamo il fatto che in molti Stati dell’Unione Europea che adottano l’Euro, si sta cercando di spingere l’uso del denaro elettronico, allora questo taglio diventa decisamente anacronistico.

    Nel 2016 il consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha emanato una direttiva con la quale si calendarizzava la sospensione della circolazione di queste banconote, che comunque già non venivano più stampate dal 2014.

    All’inizio del 2019 nella maggior parte degli stati europei la banconota da 500€  è uscita ufficialmente dalla circolazione (ma non ha perso valore legale!). A partire dal successivo mese di Aprile 2019 anche l’Austria e la Germania, (ultimi rimasti) hanno sospeso la circolazione del taglio.

    Le banconote da 500€ continueranno ad avere valore legale per sempre. Se ne fossi in possesso non ti preoccupare, le banche sono tenute a cambiarle. In aggiunta, proprio per il fatto che il valore legale è inalterato, questa banconota può essere tranquillamente spesa, la maggior parte dei commercianti la accetterà senza battere ciglio.

  • Unioni civili: situazione per le coppie omosessuali ed etero

    Unioni civili: situazione per le coppie omosessuali ed etero

    Durante gli ultimi tempi si è tanto sentito parlare della famosa Legge Cirinnà riguardante l’approvazione delle cosiddette unioni civili. La legge è stata approvata a maggio del 2016 ed è in vigore dal 5 giugno 2016. Scopriamo come funziona la legge sulle unioni civili e qual è la situazione per le coppie omosessuali ed etero.

    Cosa sono le unioni civili?

    La legge 76/2016, approvata a maggio del 2016, meglio conosciuta come Decreto Legislativo Cirinnà è la legge che disciplina le unioni civili e le convivenze di fatto.

    Prima dell’approvazione del decreto, in Italia le coppie composte da persone dello stesso sesso non erano riconosciute dalla legge, non avevano alcun tipo di diritto o dovere. Semplicemente erano invisibili agli occhi dello Stato (cosi come avviene per le unioni civili in Europa).

    A partire dall’entrata in vigore della legge sulle unioni civili, anche le coppie omosessuali sono riconosciute a livello legislativo e, nonostante le critiche, ciò rappresenta comunque un evento storico, che molti non credevano possibile.

    Le unioni civili sono considerate letteralmente “formazioni sociali specifiche”, composte da cittadini maggiorenni dello stesso sesso. Tali formazioni, che potremmo paragonare al vincolo del matrimonio, presentano tuttavia alcuni elementi che non permettono, a livello legislativo, una vero e proprio accostamento all’unione matrimoniale.

    Come funzionano le “coppie di fatto”

    Le unioni civili, per poter essere ufficializzate necessitano della presenza di due testimoni. Per la registrazione nel cosiddetto archivio di Stato civile l’unione deve essere effettuata di fronte ad un ufficiale di stato civile.

    Diritti e doveri per le coppie gay

    I partner, una volta inseriti nell’archivio di Stato, concordano l’indirizzo della vita familiare e fissano una residenza comune (come per il vincolo del matrimonio). Inoltre assumo una serie di diritti e doveri reciproci:

    • Assistenza morale e materiale (diritto all’assistenza ospedaliera, penitenziaria e agli alimenti in caso di divorzio)
    • Obbligo a contribuire ai bisogni comuni, nei limiti delle proprie possibilità
    • Comunione dei beni (se non esplicitamente indicata una diversa convenzione patrimoniale )
    • Reversibilità ed eredità, dunque in caso di decesso di uno dei partner l’altro ha diritto ad ereditare i suoi beni e ove presente, alla pensione di reversibilità
    • Divorzio, se l’unione dovesse cessare, la separazione avviene attraverso il cosiddetto divorzio breve, (bastano 3 mesi di separazione) di fronte all’ufficiale di stato civile
    • Diritto ad assumere il cognome del partner

    Differenza Unioni civili e matrimonio

    Pur avendo parecchi punti in comune il matrimonio e la unione civile non sono la stessa cosa. Le differenze principali infatti riguardano la cosiddetta stepchild adoption,  e l’obbligo di fedeltà.

    La stepchild adoption è  la possibilità di una delle parti di adottare il figlio del partner.

    Anche se originariamente il Decreto di Legge delle unioni civili prevedeva sia le adozioni che l’obbligo di fedeltà, il decreto è stato modificato eliminando di fatto la possibilità di adottare i figli del partner e l’obbligo ad essere fedeli al proprio compagno. Queste modifiche hanno sollevato molte polemiche e così la legge, tanto agognata dalle coppie della comunità LGBT, ha finito con l’essere criticata anche dalla stessa comunità.

    Inoltre, come anticipato, un ulteriore elemento di differenza riguarda il divorzio. Per poter sciogliere l’unione civile infatti non occorrono dai 6 mesi a 1 anno di separazione (come per i matrimoni) ma bastano solo 3 mesi (divorzio breve).

    Molti hanno considerato queste modificazioni legislative come una sconfitta per la legge sulle unioni civili. Di fatto sia la possibilità di accedere all’adozione (del figlio del partner) sia l’assenza dell’obbligo di fedeltà sembrerebbe un mero elemento per segnare la diversità tra unioni civili e matrimonio eterosessuale. Pare tuttavia che la legge 76/2016 possa subire ulteriori modificazioni che potrebbero eliminare tali differenze in modo da rendere completo il riconoscimento delle unioni civili.

    Unioni civili cause impeditive

    Quando le coppie omosessuali non possono sposarsi

    Una coppia omosessuale non può optare per l’unione civile o comunque l’unione è considerata nulla quando:
    Sussiste già un vincolo matrimoniale o un’altra unione civile.

    • Vi è un interdizione per infermità mentale.
    • Vi sono legami di parentela tra le parti.
    • Uno dei contraenti è stato condannato definitivamente per omicidio (tentato o consumato) nei confronti di chi sia sposato o unito civilmente con l’altra parte. (in caso di rinvio a giudizio l’unione civile è sospesa fino alla sentenza di proscioglimento).

    Unioni civili e coppie di fatto

    Non tutti sanno che la legge sulle unioni civili disciplina anche le cosiddette convivenze di fatto (tant’è vero che il testo della legge è intitolato “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”).

    Coppie di fatto: cosa sono?

    Le convivenze di fatto riguardano sia coppie eterosessuali che omosessuali. Una convivenza di fatto non fa riferimento a vincoli giuridici ma a un legame affettivo all’interno del quale vengono in qualche modo regolati i propri rapporti patrimoniali.

    Così come per le coppie sposate anche le coppie di fatto hanno diritto a:

    • assistenza ospedaliera penitenziaria e agli alimenti in caso di fine della convivenza (e se una delle parti non è n grado di provvedere al proprio mantenimento)
    • vivere nella casa di proprietà del convivente (in caso di decesso) per 2 anni o per un periodo di tempo pari a quello di convivenza
    • subentrare nel contratto di affitto del convivente (in caso di decesso)
    • comunione dei beni
    • concludere la convivenza (sia se si è in comune accordo sia per volontà unilaterale)

    Unioni civili in Europa

    Facciamo ora una veloce rassegna su qual è la situazione per le coppie di fatto nel resto dell’Europa.

    Olanda: il primo paese a riconoscere le coppie omosessuali

    Il primo paese in Europa che ha riconosciuto i diritti sulle unioni civili è l’Olanda. I Paesi Bassi già a partire dal 1998 hanno riconosciuto le unioni tra persone dello stesso sesso. Nel 2001 fu approvata una legge sui matrimoni omosessuali e con la medesima legge fu approvata anche l’adozione congiunta (che permette di adottare bambini non legati da vincoli di parentela biologica).

    Belgio: matrimonio gay

    Il Belgio è stato il secondo paese al mondo ad autorizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso (già a partire dal 2003). Nel 2006 è stata approvata anche la legge che disciplina le adozioni da parte di famiglie omosessuali

    Francia: matrimonio gay e stepchild adoption

    La Francia ha approvato nel 2013 il matrimonio omosessuale. La legge francese permette, alle coppie gay sposate, di adottare bambini (anche senza adoperare la stepchild adoption).

    Germania: stepchild adoption e convivenze registrate

    Nel 2001 la Germania ha introdotto le cosiddette convivenze registrate per coppie omosessuali. Nel 2013 inoltre è stata anche approvata una legge che consente di adottare bambini tramite la stepchild adoption (attraverso la quale il coniuge può essere riconosciuto come genitore adottivo del figlio biologico del proprio partner).

    Spagna: diritti LGBT tra cattolici e liberali

    La Spagna è uno dei paesi più emblematici quando si parla di diritti omosessuali. Qui infatti, nonostante lo stampo strettamente legato alla fede cattolica, già nel 1998 vi fu un riconoscimento legale delle unioni tra persone dello stesso sesso (unioni civili). Negli anni successivi (più precisamente dal 2005) fu approvata una legge nazionale grazie alla quale vennero ufficialmente riconosciuti i matrimoni gay. Dal 2006 anche in Spagna furono approvate le adozioni per le coppie gay.

    Danimarca, il primo paese al mondo a riconoscere le unioni civili

    La Danimarca è il primo paese al mondo ad aver riconosciuto le unioni civili (1989). Le nozze gay, riconosciute dalla Chiesa luterana di Stato, e le adozioni, sono state autorizzate a partire da giugno 2012

    Svezia: adozioni per le coppie gay e matrimonio religioso

    La Svezia è forse uno di quei pochi paesi nei quali sono state legalizzate prima le adozioni per le coppie omosessuali (2003) e poi il matrimonio (2009).

    Finlandia, nozze e stepchild adoption

    La Finlandia ha riconosciuto le unioni civili e l’adozione tramite la stepchild adoption a partire dal 2002, mentre le nozze gay solo dal 2014.

    Portogallo, nozze ma niente adozioni per le coppie omosex

    Il Portogallo nel 2010 ha abolito il concetto di “sesso diverso” nell’ambito del matrimonio. Nonostante ciò le adozioni per le coppie omosessuali non sono state ancora ufficialmente legalizzate.

    Islanda: nozze gay ed adozioni legali

    Assieme alla Svezia, l’Islanda è uno dei pochi paesi nei quali sono state autorizzate prima le adozioni da parte di coppie omosessuali (2006) e successivamente (nel 2010) i matrimoni gay.

    Norvegia: stessi diritti per eterosessuali e omosessuali

    La Norvegia a partire dal 2009 ha abolita ogni differenza tra persone eterosessuali e omosessuali per quanto riguarda il matrimonio, le adozioni e la fecondazione in vitro.

  • Scadenza delle marche da bollo e dell’imposta di bollo

    Scadenza delle marche da bollo e dell’imposta di bollo

    Le marche da bollo sono un sistema per versare l’imposta di bollo dovuta per la presentazione o la richiesta di alcuni documenti:

    • atti civili
    • commerciali
    • giudiziali
    • extragiudiziali
    • avvisi
    • manifesti

    Si usano quindi su certificati anagrafici, per il rilascio di documenti documenti come il passaporto o la patente, sulle ricevute fiscali e sulle fatture, su atti notarili.

    La scadenza delle marche da bollo

    Non esiste una scadenza delle marche da bollo, queste si possono sempre usare se non sono state già utilizzate e di conseguenza annullate. Lo stesso discorso vale per i francobolli facendo attenzione di aggiungerne altri se nel frattempo le tariffe minime sono aumentate.

    Le marche da bollo non scadono ma possono perdere la loro efficacia insieme al documento su cui sono apposte. Un certificato anagrafico, ad esempio, ha una validità di sei mesi. Dopo la scadenza la presenza della marca da bollo sul documento è irrilevante. In casi come questo si usa dire che la marca da bollo è scaduta insieme al documento, ma è ovviamente una forzatura.

    Dove si compra una marca da bollo

    Valori Bollati Lottomatica

    Le marche da bollo si acquistano dai rivenditori autorizzati, di solito bar, tabacchi, ricevitorie. In generale in tutti i punti in cui c’è l’insegna Lottomatica valori bollati. Sono attività dotate del terminale Lottomatica Servizi LIS Printer le quali potranno emettere la marca da bollo dell’importo dovuto.

    Di solito il valore delle marche ha due tagli prefissati: quelle da 2 o da 16 euro. Ci sono però casi in cui l’imposta varia a seconda del documento per il quale viene pagata. Il bollo sulle cambiali varia in funzione dell’importo delle cambiali stesse.

    Da qualche anno l’imposta può essere assolta in modo virtuale e pagata online. In questo caso non c’è il rilascio della marca adesiva ma vengono comunicati gli estremi che rendono evidente il pagamento dell’imposta. Questi estremi di solito vanno inseriti nel documento per il quale si è pagata l’imposta di bollo.

    Con l’introduzione della fatturazione elettronica è cambiata anche la modalità di versamento dell’imposta di bollo sulle fatture. Con chiusure trimestrali è dovuto all’Agenzia delle Entrate il valore totale delle imposte di bollo del trimestre da versare entro il giorno 20 del mese successivo alla chiusura.

    Come si annulla una marca da bollo

    Abbiamo già detto del fatto che una marca da bollo è inutilizzabile se è già stata utilizzata. Vediamo allora come si annulla una marca da bollo.

    A rigor di legge, l’annullamento delle marche avviene con

    • perforazione della marca
    • sottoscrizione mediante firma di una delle parti
    • apposizione della data
    • apposizione di un timbro parte

    Esclusa la perforazione gli altri metodi vanno messi in pratica utilizzando un area che comprenda ciascuna marca e parte del foglio.

    Per l’annullamento deve essere usato inchiostro (va bene quello di una penna)  o matita copiativa.

    Non si può scrivere né apporre timbri o altre stampigliature sulle marche da bollo, tranne che per eseguirne l’annullamento.

    In pratica le marche da bollo si annullano con un segno che renda chiaro il loro utilizzo

    • firma
    • data
    • timbro

    facendo in modo che che il segno coinvolga sia le marche da annullare che su il foglio sulle quali sono apposta.

    Le marche si annullano anche perforandole con un’obliteratrice.

     

     

  • Prestito partecipativo per il finanziamento dell’azienda

    Prestito partecipativo per il finanziamento dell’azienda

    Il prestito partecipativo non riguarda le persone fisiche né, le piccole realtà societarie, ma bensì le società di capitali. I prestiti partecipativi sono basati su un imminente futuro aumento del capitale sociale e che consente alla società l’apporto di liquidità al fine di fare nuovi investimenti e migliorare in genere l’aspetto patrimoniale della stessa.

    Questa forma di finanziamento oltre che essere accordato alle società di capitale è indirizzata anche alle società di persone, ma che abbiano l’obbiettivo di trasformarsi in società di capitale, grazie al prestito partecipativo. In questo tipo di prestito sono coinvolti la banca, la società e soci terzi obbligati.

    La particolarità del prestito partecipativo è che i soci versano alla società somme che coincidono con il capitale del prestito, mentre la società penserà agli interessi passivi che sommati al capitale formeranno la rata che, tecnicamente, la società salderà alla banca a scadenze prestabilite.

    Prestito partecipativo per imprese ed aziende

    Il vantaggio di questi finanziamenti è dato dall’immettere subito liquidità nelle casse della società tramite il prestito in cambio del tipico strumento del aumento di capitale e per i soci rappresenta una forma per poter aumentare gradualmente il capitale attuato tramite il rimborso delle rate del prestito partecipativo.

    Il vantaggio è quindi l’aumento di capitale della società dove i soci non erogano  il suddetto capitale in unica soluzione ma bensì a rate.

    Ogni banca ha la sua politica nella modalità di rimborso, ma difficilmente supererà il quinquennio. Inoltre la società può decidere se l’aumento di capitale avverrà ad ogni ammortamento della singola rata, o alla fine dell’intero prestito partecipativo.

    I prestiti partecipativi oltre che per finanziare nuovi investimenti vengono utilizzati anche per la ricapitalizzazione del capitale sociale.

    Caratteristiche del finanziamento “aziendale”

    Il prestito partecipativo è una forma di finanziamento finalizzata a sostenere le necessità connesse alla realizzazione di specifici obiettivi aziendali.

    • sviluppo
    • innovazione
    • programmi di investimento
    • ristrutturazione aziendale

    Il finanziamento è condizionato all’impegno dei soci ad aumentare il  “capitale proprio” .

    L’aumento del capitale aziendale può avvenire:

    • Con aumenti di capitale sociale a pagamento
    • Attraverso l’impegno dei soci ad effettuare versamenti annuali in conto “capitale proprio” e a non lasciare in società gli stessi almeno fino all’estinzione del prestito.